Misure di Espulsione a Titolo di Misura di Sicurezza e Disposizioni per l'Esecuzione

Le misure di espulsione a titolo di misura di sicurezza sono identificate dalla legge in due tipologie: le espulsioni ministeriali e le espulsioni disposte dal Prefetto.

1) Le espulsioni ministeriali

  • Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell’interno ha facoltà di disporre l’espulsione dello straniero, anche non residente nel territorio dello Stato (art. 13, co. 1, T.U.). La natura di atto politico, altamente discrezionale, di questa tipologia espulsiva è sottolineata dall’obbligo per il Ministro di dare preventiva comunicazione dell’adozione del provvedimento al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Ministro degli affari esteri. Il decreto deve essere scritto e motivato ed è eseguito con accompagnamento immediato alla frontiera da parte delle forze di polizia.

  • Il Ministro dell’interno o, su sua delega il prefetto, può disporre l’espulsione dello straniero in presenza di fondati motivi per ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa, in qualsiasi modo, agevolare organizzazioni o attività terroristiche internazionali (art. 3, L. 155/2005).

2) Le espulsioni disposte dal prefetto

La potestà espulsiva del prefetto deve essere sempre esercitata, nei casi previsti dall’art. 13, comma 2 T.U., caso per caso, cioè tenendo conto delle situazioni e delle esigenze specifiche di cui è portatore l’espellendo. Questo peculiare onere di valutazione cui è soggetto il prefetto, si riverbera, come vedremo tra poco, soprattutto nelle modalità di esecuzione dell’espulsione (rinvio). Cionondimeno la potestà espulsiva è rigidamente vincolata alla legge, e la valutazione caso per caso si attua sul piano istruttorio i cui risultati debbono risultare nella motivazione del provvedimento.

Le misure di espulsione a titolo di misura di sicurezza possono anche essere suddivise in base alla motivazione:

  1. Le espulsioni per irregolarità dell’ingresso

Il prefetto dispone – previa valutazione caso per caso – l’espulsione dello straniero che è entrato nel territorio nazionale sottraendosi ai controlli di frontiera, senza essere stato respinto (art. 13, co.2, lett. a), T.U.). I presupposti di questo tipo di provvedimento amministrativo di espulsione sono due, uno positivo e l’altro negativo:

  • l’ingresso nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera

  • la mancata adozione di un decreto di respingimento

Per stabilire quando l’ingresso è irregolare, occorre far riferimento alle disposizioni del T.U. che lo regolano: “l’ingresso nel territorio dello Stato è consentito allo straniero in possesso di valido passaporto o documento equipollente e del visto d’ingresso, salvo i casi di esenzione, di documentazione atta a dimostrare le condizioni e i motivi del soggiorno, di disponibilità di mezzi di sostentamento e che non si trovi in una delle condizioni ostative al soggiorno previste dall’art. 4 T.U. e l’ingresso può avvenire soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti, salvi i casi di forza maggiore” (art. 4, co. 1, T.U.).

La prova della regolarità dell’ingresso è fornita dal timbro datario apposto sul passaporto dello straniero dalla polizia di frontiera (art. 7, co.2, D.P.R. 394/1999); a seguito dell’abolizione dei controlli alla frontiere interne degli Stati aderenti all’area Schengen e poiché le frontiere interne possono essere attraversate in qualunque luogo senza che sia effettuato il controllo delle persone (art. 20, Reg. 2006/562/CE), la prova della regolarità dell’ingresso è fornita dal timbro apposto sul passaporto dalla polizia della frontiera esterna del Paese membro attraverso cui è stato effettuato l’ingresso in area Schengen ovvero su apposito foglio separato.

Inoltre, l’avvenuta adozione di un decreto di respingimento per il medesimo ingresso irregolare impedisce l’adozione del provvedimento di espulsione. Lo straniero che entra illegalmente nel territorio dello Stato, salvo che sia richiedente asilo o si trovi in altra situazione consentita dalla legge, oltre a trovarsi in condizione di soggiorno irregolare che comporta il provvedimento amministrativo di espulsione, commette il reato contravvenzionale di ingresso illegale (art. 10 bis, T.U.), ovvero, qualora sia stato precedentemente già espulso senza essere stato autorizzato al rientro prima della scadenza del divieto di reingresso, lo specifico reato di reingresso illegale di straniero già espulso (art. 13, co. 13, 13 bis, T.U.).

  1. Le espulsioni per irregolarità del soggiorno

Il prefetto dispone – previa valutazione caso per caso – l’espulsione dello straniero che si trovi in una delle seguenti situazioni (art. 13, co. 2, lett. b), T.U.):

  • si è trattenuto nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione prevista (art. 27, co. 1 bis, T.U.) in caso di distacco di lavoratore straniero, dipendente da datore di lavoro avente sede all’estero, autorizzato ad entrare in Italia per il compimento di determinate prestazioni oggetto di contratto d’appalto;

  • si è trattenuto nel territorio dello Stato senza avere chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto (art. 5, co. 2, T.U.) di otto giorni lavorativi dall’ingresso, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore;

  • si è trattenuto nel territorio dello Stato senza avere reso alla Questura entro 8 giorni dall’ingresso la dichiarazione di presenza prevista per i soggiorni inferiori a 90 giorni per turismo, affari, visita, studio (art. 1, co. 3, L. 68/2007),

  • si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è stato revocato dal Questore.

Tra i motivi che determinano la revoca del permesso di soggiorno e la conseguente espulsione vi sono:

  • il venir a mancare dei requisiti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, salvo che subentrino nuovi elementi o che si tratti di irregolarità amministrative sanabili;

  • la violazione del divieto di ricongiungimento del coniuge di straniero regolarmente soggiornante con altro coniuge nel territorio nazionale;

  • la perdita integrale dei crediti derivanti dall’accordo di integrazione;

  • la condanna irrevocabile, a carico di straniero titolare di permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, per uno dei reati in materia di violazione di diritti d’autore (L. 22 aprile 1941, n. 633), o per il reato di commercio di prodotti con marchi contraffatti (art. 473,474, cod. pen.);

  • la sentenza di condanna, anche non irrevocabile, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta (c.d. “patteggiamento”, artt. 444, ss. cod. proc. pen.), per i reati indicati nell’art. 380 cod. pen.p. (ipotesi di arresto obbligatorio in flagranza), ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento delle migrazioni clandestine , o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite (artt. 4, co.3, 5, co.5, T.U.).

  • si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è stato annullato o rifiutato dal Questore (e sempreché lo straniero il cui permesso di soggiorno sia stato rifiutato non abbia volontariamente lasciato il territorio dello Stato entro il termine, non superiore a 15 giorni lavorativi, concesso dal questore ai sensi dell’art. 12 del regolamento di attuazione del T.U. approvato con d.p.r. n. 394/1999). Tra i motivi che determinano l’annullamento o il rifiuto del permesso di soggiorno vi sono la mancanza dei requisiti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, salvo che subentrino nuovi elementi o che si tratti di irregolarità amministrative sanabili (art. 5, comma 5 T.U.) e l’accertamento della violazione del divieto di ricongiungimento del coniuge di straniero regolarmente soggiornante con altro coniuge nel territorio nazionale;

  • si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo (tuttavia in base all’art. 30 T.U. non deve applicarsi tale ipotesi allorché lo straniero abbia i requisiti per mantenere l’unità familiare e il permesso di soggiorno sia scaduto da meno di 1 anno);

  • si è trattenuto oltre il termine di novanta giorni, ovvero in quello più breve indicato nel visto d’ingresso per i soggiorni per motivi di turismo, studio, visite o affari;

  • essendo munito di permesso di soggiorno o altro titolo equipollente rilasciato da altro Paese dell’Unione europea non ha reso alla Questura la dichiarazione di presenza entro sessanta giorni dall’ingresso nel territorio dello Stato (art. 5, co. 7, T.U.), in tal caso però l’espulsione è facoltativa.

  1. Le espulsioni per motivi di pericolosità sociale

Il prefetto dispone l’espulsione quando, dopo valutazione caso per caso, ha motivo di ritenere, sulla base di elementi di fatto oggettivi e attuali , che lo straniero appartenga a talune categorie di persone pericolose per le quali sarebbero applicabili le misure di prevenzione (art. 1, L. 1423/1956; art. 1, L. 575/1965). In questi casi, invece di proporre al tribunale per le misure di prevenzione nei confronti dello straniero l’applicazione delle misure di prevenzione, si dispone l’espulsione da parte dell’autorità amministrativa.

Le ipotesi delle leggi del 1956 e del 1965 oggi sono riprodotte dall’art. 1 del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia (d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159) e si riferiscono alle seguenti persone:

  • coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi;

  • coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;

  • coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica.

  1. Le espulsioni dello straniero espulso o respinto che non ottempera entro il termine massimo fissato nell’ordine di allontanamento disposto dal questore

Il prefetto dispone l’espulsione dello straniero già espulso o respinto con le forme dell’ordine di allontanamento del questore (art. 14, co. 5 bis, T.U.), quando lo straniero stesso non ha ottemperato all’ordine di abbandonare il territorio nazionale entro sette giorni, valutato il singolo caso, a condizione che lo straniero non sia detenuto in carcere.

Il nuovo decreto di espulsione ha dunque come presupposto la violazione di un precedente ordine di allontanamento.

Anche il nuovo decreto di espulsione, così emanato, può essere corredato da nuovo ordine di allontanamento del questore: è dunque possibile reiterare l’ordine di allontanamento del questore e, ad ogni successiva inottemperanza, si procederà a nuova espulsione determinando così un sistema di espulsioni a catena (art. 14, co. 5 ter, T.U.).

  1. L’espulsione in attuazione di una decisione di allontanamento adottata da altro Stato membro dell’Unione europea

Il prefetto è altresì competente ad adottare il provvedimento di espulsione in esecuzione di una decisione di allontanamento adottata da un altro Stato membro dell’Unione Europea, all’esecuzione dell’espulsione provvede il questore (art. 2, D. Lgs. 12/2005, si veda la scheda sul riconoscimento reciproco dei provvedimenti di allontanamento )

  1. Espulsione adottata alla scadenza del termine per impugnare le decisioni di rigetto, di estinzione e di inammissibilità della domanda di protezione internazionale

Il richiedente protezione internazionale può essere espulso dopo che la sua domanda sia stata rigettata, estinta, dichiarata inammissibile dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e sia inutilmente decorso il termine per impugnare (art. 35, D. Lgs. 25/2008).

Ultimo aggiornamento: 23 Luglio 2020