Misure di Respingimento

I provvedimenti con cui lo Stato italiano dispone l’allontanamento dal suo territorio dei cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione Europea e degli apolidi, ovvero degli stranieri come definiti dall’art.1, comma 1, del Testo Unico Immigrazione emanato con D. Lgs. 286/1998, che non hanno titolo per soggiornarvi, si suddividono in due grandi categorie: i respingimenti e le espulsioni.
Effetto tipico e scopo comune sia dei respingimenti, sia delle espulsioni è l’effetto ablativo, ovvero, l’obbligo dello straniero di lasciare il territorio nazionale.

I respingimenti sono disposti dall’autorità amministrativa di pubblica sicurezza e possono essere di due tipi:

  1. respingimento alla frontiera disposto dalla polizia di frontiera immediatamente eseguito al valico di frontiera ovvero immediato

  2. respingimento disposto dal Questore ovvero differito nel tempo

Il respingimento immediato alla frontiera

Il respingimento alla frontiera è l’atto con il quale la polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera privi dei requisiti richiesti dal T.U. per l’ingresso nel territorio dello Stato (art. 10, co. 1, T.U.). L’esecuzione di questo tipo di provvedimento di respingimento è immediata, nel senso che il competente ufficio di polizia di frontiera dopo il controllo al valico di frontiera rinvia immediatamente lo straniero respinto nello Stato da cui proviene, così impedendogli l’ingresso nel territorio dello Stato. Presupposto del respingimento alla frontiera è la mancanza da parte dello straniero di uno dei requisiti per l’ingresso previsti dall’art. 4 T.U., commi 1, 3, 6, e dagli artt. 5 e 13 del Codice frontiere Schengen (Regolamento CE 15 marzo 2006, n. 562/2006), che sono i seguenti:

  • possesso di passaporto valido o documento equipollente;

  • possesso di un visto d’ingresso, salvo i casi di esenzione, qualora sia prescritto (art. 4. co. 1, T.U.);

  • possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno;

  • disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i titolari di permesso di soggiorno per motivi di lavoro, per il ritorno nel Paese di provenienza;

  • non essere segnalato nel SIS (Sistema informativo Schengen) ai fini della non ammissione;

  • non essere considerato una minaccia per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato ovvero la sicurezza interna, la salute pubblica o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri;

  • non essere destinatario di un provvedimento di espulsione;

  • non essere destinatario di un divieto di rientro in quanto espulso, salvo avere ottenuto dal Ministero dell’interno l’apposita autorizzazione prevista dall’art. 13 T.U.

Precedentemente il provvedimento di respingimento alla frontiera di per sé non comportava alcuna forma di divieto di reingresso, né comporta la segnalazione – ai fini della non ammissione futura – nel Sistema d’informazione Schengen, con il decreto legge 113 del 2018 convertito il legge 132 l’1 dicembre 2018 sono state introdotte delle limitazioni e delle pene se non vengono ottemperate:

  • Lo straniero destinatario del provvedimento di respingimento di cui al comma 2 non puo’ rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’interno.
  • In caso di trasgressione lo straniero e’ punito con la reclusione da uno a quattro anni ed e’ espulso con accompagnamento immediato alla frontiera.
  • Allo straniero che, gia’ denunciato per il reato di cui al comma 2-ter (rientro senza autorizzazione) ed espulso, abbia fatto reingresso nel territorio dello Stato si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni.

Il respingimento alla frontiera non è un mero comportamento materiale della poliziani frontiera, ma ha natura provvedimentale. L’art. 13, par. 2 del Codice frontiere Schengen prevede che il respingimento possa essere disposto solo con un provvedimento scritto e motivato che ne indichi le ragioni precise e che sia notificato all’interessato. Nel diritto interno, l’art. 3, comma 3, D.P.R. n. 394/1999 prevede che il provvedimento che dispone il respingimento è comunicato allo straniero mediante consegna a mani proprie o notificazione del provvedimento scritto e motivato, contenente l’indicazione delle eventuali modalità di impugnazione, effettuata con modalità tali da assicurare la riservatezza del contenuto dell’atto; se lo straniero non comprende la lingua italiana, il provvedimento deve essere accompagnato da una sintesi del suo contenuto, anche mediante appositi formulari sufficientemente dettagliati, nella lingua a lui comprensibile o, se ciò non è possibile per indisponibilità di personale idoneo alla traduzione del provvedimento in tale lingua, in una delle lingue inglese, francese o spagnola, secondo la preferenza indicata dall’interessato.

Lo straniero destinatario di un provvedimento di respingimento alla frontiera non commette il reato di ingresso illegale proprio perché non si verifica l’ingresso nel territorio nazionale in quanto allo straniero l’ingresso è impedito; il reato ex art. 10 bis T.U. ha natura contravvenzionale e, com’è noto, nel nostro sistema penale non si configura il tentativo nelle contravvenzioni.

Il respingimento differito disposto dal questore con accompagnamento alla frontiera

Il respingimento non è immediato, ma differito nel tempo, quando (art. 10, co. 2, T.U.):

  • lo straniero è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, ed è fermato all’ingresso o subito dopo – in una condizione analoga alla quasi flagranza ;

  • ovvero quando lo straniero, pur essendo privo dei requisiti per l’ingresso, è stato temporaneamente ammesso nel territorio dello Stato per necessità di pubblico soccorso.

La differenza tra le due tipologie di respingimento è pertanto la seguente: nel caso di respingimento immediato lo straniero non fa ingresso in Italia, essendo immediatamente respinto alla frontiera; mentre nella seconda ipotesi lo straniero supera la frontiera, entra fisicamente nel territorio nazionale italiano, ma viene intercettato subito dopo l’avvenuto ingresso, oppure è ammesso in Italia per ragioni di soccorso, come nei numerosissimi casi di sbarco sulle coste italiane.

Un punto di estrema criticità è dato dalla possibile sovrapponibilità di questa ipotesi di respingimento con quella dell’espulsione disposta dal prefetto, nei confronti dello straniero che è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, senza, appunto, essere stato respinto (art. 13, co. 2, lett. a), T.U.): in entrambi i casi le condotte sono simili, trattandosi di ingresso illegale, ma, mentre nel caso dell’espulsione l’ingresso irregolare si è perfezionato da tempo, nel respingimento lo straniero è colto in situazione di ingresso irregolare subito dopo l’ingresso, cioè in prossimità della frontiera. Il punto è che non essendo possibile definire uniformemente il concetto temporale e spaziale di quando inizia e quando finisce il “subito dopo” l’avvenuto ingresso dello straniero nel territorio nazionale, consegue che l’autorità di pubblica sicurezza goda di una certa discrezionalità nel disporre l’espulsione o il respingimento in casi assolutamente simili tra loro.

Al pari del respingimento alla frontiera, anche il respingimento differito non è corredato da un divieto di reingresso, ma tra i due istituti differisce la fase esecutiva: immediata in un caso, con accompagnamento alla frontiera da parte del questore, nel secondo. In tale ultima ipotesi troveranno applicazione gli istituti del trattenimento in un C.I.E. e dell’ordine del questore che esamineremo trattando dell’esecuzione delle espulsioni. A differenza delle ipotesi di respingimento immediato, lo straniero destinatario di un provvedimento di respingimento disposto dal Questore risponde della contravvenzione di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato.

Il vettore che ha condotto alla frontiera uno straniero privo dei documenti per l’ingresso (art. 4, T.U.) ha l’obbligo di ricondurlo nello Stato di provenienza o in quello che ha rilasciato il documento di viaggio a sue spese.

Le disposizioni sui respingimenti non si applicano ai richiedenti asilo politico o che hanno avuto il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ovvero di misure di protezione per motivi umanitari. In nessun caso può disporsi il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali, ovvero possa essere rinviato verso altro Stato in cui non possa essere protetto dalla persecuzione (art. 19, co. 1, T.U. ).

Ovviamente, queste garanzie, sostanzialmente previste a tutela dei richiedenti protezione internazionale e fino all’esito della relativa domanda, trovano concreta applicazione a condizione che lo straniero che è nella condizione di essere respinto – cioè tutti coloro che sbarcano sulle coste italiane o sono soccorsi in mare aperto da unità navali e condotti nei centri hotspot – sia messo nelle condizioni di manifestare la volontà di presentare domanda di protezione. L’omessa tempestiva informazione del diritto di chiedere asilo, oppure il tardivo recepimento della predetta volontà vanificano – di fatto – le disposizioni relative ai divieti di respingimento, che corrono il rischio di restare sulla carta.

Altri casi in cui non è consentito il respingimento sono, salvo che nei casi previsti dall’articolo 13, comma 1, nei confronti:

a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi;

b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno, salvo il disposto dell’articolo 9;

c) degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana ;

d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono.

Il respingimento o l’esecuzione dell’espulsione di persone affette da disabilità, degli anziani, dei minori, dei componenti di famiglie monoparentali con figli minori nonché dei minori, ovvero delle vittime di gravi violenze psicologiche, fisiche o sessuali sono effettuate con modalità compatibili con le singole situazioni personali, debitamente accertate.

La legge prevede che agli stranieri respinti sia fornita l’assistenza necessaria presso i valichi di frontiera (art. 10, co. 5, T.U.), peraltro senza alcuna ulteriore specificazione: trattasi della minima assistenza materiale rispetto alle esigenze prioritarie ed urgenti. L’art. 8, co. 2, D.Lgs. 142/2015 prescrive che “le funzioni di soccorso e prima accoglienza, nonché di identificazione continuano ad essere svolte nelle strutture allestite ai sensi del D.L. 451/95, convertito dalla legge 563/95”: trattasi dei centri denominati CSPA (Centri di primo soccorso e assistenza) destinati alla primissima fase di soccorso, accoglienza e identificazione, cioè gli hotspot – intesi come luoghi di canalizzazione delle persone sbarcate sulle coste italiane. Tuttavia, né l’art. 8 citato, né la legge 563/95 (c.d. “Legge Puglia”) prevedono disposizioni di rango legislativo in ordine alla funzionalità di detti centri, sicché l’assistenza ai valichi di frontiera ed alle categorie vulnerabili parrebbe limitarsi alle attività di soccorso e non essere disciplinata per legge. Si prevede altresì che il respingimento di persone vulnerabili sia effettuato con modalità compatibili con le specifiche condizioni personali, ove siano debitamente accertate (art. 19, co. 2 bis, T.U.). Anche questa disposizione parrebbe destinata a restare sulla carta, poiché nulla è previsto in merito alle modalità con cui il respingimento debba essere in concreto effettuato nei confronti delle persone vulnerabili, né in ordine ai criteri di accertamento della vulnerabilità. Peraltro, alcuna conseguenza è prevista in caso di violazione di tale principio.

Tutti i provvedimenti di respingimento hanno la forma del decreto e devono essere motivati in fatto e in diritto (art. 13,co. 3, T.U., art. 3 L. 241/1990), sono immediatamente esecutivi, anche se sottoposti a impugnativa. Sono atti recettizi, cioè producono i loro effetti dopo la loro notificazione, e, al pari di ogni altro atto concernente l’ingresso o il soggiorno, sono comunicati all’interessato unitamente all’indicazione delle modalità di impugnazione e ad una traduzione in lingua conosciuta allo straniero ovvero, ove ciò non sia possibile, in lingua inglese, francese o spagnola, secondo la preferenza indicata dall’espellendo (art. 13, co. 7, T.U. ; art. 3, co. 3,4, D.P.R. 394/1999).

Le persone hanno il diritto di presentare ricorso avverso le misure di respingimento, pur senza efficacia sospensiva automatica, conformemente alla legislazione nazionale. Poiché dunque la legislazione statale non individuava la giurisdizione competente, dottrina e giurisprudenza erano divise tra un orientamento che propendeva per la giurisdizione amministrativa e un altro per quella ordinaria. La questione, rilevantissima nella prassi, è stata risolta dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, con sentenza 17.6.2013, n. 15115 (successivamente ribadita da Cass. SSUU , ord. 10.6.2013, n. 14502), a seguito di proposizione di regolamento di giurisdizione, per quanto concerne i respingimenti differiti spetta al giudice ordinario.

Ultimo aggiornamento: 23 Luglio 2020